Monumenti Pavesi
Papà, spiegami a che serve la storia - è la frase con cui Marc Bloch, uno dei maggiori storici del secolo scorso, inizia il suo libro Apologia della Storia, scritto nel 1941, in un’ora tragica per il suo paese, la Francia, sconfitto e occupato dalle truppe tedesche. Una risposta, molto banale, potrebbe essere quella che, in certi momenti, conoscere la Storia, con la “S” maiuscola, oppure anche solo la propria storia locale, serve a mantenere viva l’appartenenza ad una comunità, a spiegare il perché oggi noi siamo quelli che siamo e come siamo arrivati ad esserlo. E credo che già questo sia molto importante. Purtroppo, però, si pubblicano sempre meno libri di storia locale. Almeno, mi pare, nella nostra città. Scomparsi da tempo Faustino Gianani, Cesare Saletti, Emilio Gabba, solo per fare qualche nome, pochi “vecchi” pavesi, come il sottoscritto, sembrano oggi interessati a scrivere sul passato di Pavia, sostenuti da un numero altrettanto esiguo di editori, quelli che ancora sopravvivono all’assalto travolgente e dilagante di Internet e dei Social Media contro la carta stampata. Benemeriti, dunque, per ciò che fanno e per il tempo, e il denaro, che impegnano, speriamo non invano, nel loro lavoro. In questo caso, si è voluto ricordare la storia di qualche angolo della nostra città e di qualche suo monumento, com’era e come appare oggi. Per stabilire, appunto, quel filo di continuità, che lega il passato remoto e glorioso di Pavia ai tempi, non gloriosi, che oggi viviamo. Con la speranza e l’auspicio che questo serva a ribadirne l’importanza e la necessità di conservarli per le generazioni che verranno.
Marco Galandra